Unfinished Museum

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Federica Illuminati

Sento che devo ancora fare mille cose, tutto è sempre in divenire, io amo i verbi progressivi, tutto per me è coniugato nel “si sta facendo, si sta andando”, non c’è incompiuto.

 

Se ti dico Incompiuto qual è la prima cosa che ti viene in mente?

Un’opera incompiuta, un gesto artistico incompiuto, il lavoro di un artista quando mi fa vedere il girato grezzo, un copione in bozze. L’incompiuto lo intendo come un gesto pratico, qualcosa che ha bisogno forse di più tempo, di stimoli, di nuove energie per essere compiuto.

Unfinished di che colore/forma è?

É sicuramente bianco, la forma potrebbe essere un file o una fotografia, un film che al montaggio non riesce ad uscire in una forma compiuta, un quadro senza titolo.

C’è qualcosa che hai lasciato incompiuto nella tua vita?

Anni fa ho comprato i diritti di due libri che non sono diventati film, sono stati due gesti che non hanno avuto compiutezza, ma la trattativa fatta con il gruppo editoriale e con l’autore sono state comunque appaganti anche se poi non si sono realizzati i film. Un libro aveva una storia molto complicata che ha spaventato diversi committenti, l’altro parlava di adolescenti in un momento in cui tanti già raccontavano quel mondo. Forse nel primo caso il mio è stato un atto di coraggio, nel secondo invece di ingenuità nel seguire un’onda commerciale, se vuoi ho in qualche modo fallito, ma io ci vedo due grandi esperienze di vita. 

Da un punto di vista personale potrei citarti il mio corso di studi, avrei voluto fare molto di più, continuare con la laurea magistrale, ma ho preferito andare a Londra per fare un’esperienza speciale come è stata quella a MTV. Non ho compiuto il ciclo di studi standard, ma se penso alla fortuna di aver vissuto a Londra negli anni ‘90 sono contenta della scelta fatta, è stato appagante vedere le mie passioni trasformarsi in lavoro. Tante altre cose le leggo come aperte. Non ho finito niente, se penso a tutte le cose che ho in testa. Anche oggi, con la nuova sfida di aprire la mia agenzia, sento che devo ancora fare mille cose, tutto è sempre in divenire, io amo i verbi progressivi, tutto per me è coniugato nel “si sta facendo, si sta andando”, non c’è incompiuto.

Quale è il tuo rapporto con le cose incompiute?

Non le sento come cose chiuse, nel lavoro che faccio si può anche recuperare una vecchia idea, trasformarla, rivivere incontri e dopo anni tornare a collaborare anche in modo diverso con le persone. Tutto è un po’ ciclico. Abito a Roma da 20 anni, ho il domicilio a Roma ma sono ancora residente a Bologna, metto punti fermi un po’ da tutte le parti, ma non mi piace chiudere le porte, amo lasciare tutto aperto. Ci sono rapporti lavorativi o umani che magari non hanno funzionato, ma vado avanti e apro altre porte, non mi piace fermarmi davanti ad un insuccesso, ad un fallimento, ad un’incomprensione. 

Quali sono le emozioni dell’incompiuto?

Vivo con grande serenità l’incompiuto… fa tutto parte del divenire, mi piace vedere i progetti in cui tutte le cose funzionano, se ho partecipato poi mi piace ancora di più. Non sempre le cose prendono la forma che voglio, ma comunque vivo la mia parte di soddisfazione. Quando arrivo seconda, ringrazio di aver partecipato se poi vinco faccio un’esperienza speciale, ma quando vengo esclusa spero sempre con tutto il cuore che ci sia qualcun di più giusto di me o di qualche mio artista. Non possiamo essere sbagliati per tutto o giusti per tutto, ad ognuno il suo, tanto c’è posto per tutti.

C’è qualcosa di incompiuto che vorresti venisse finito

Tre settimane fa per via del Covid davanti alla chiusura dei teatri e dei cinema, ho pensato che il nostro governo non è stato in grado di gestire la seconda ondata in riferimento ai provvedimenti presi per la produzione di cultura, non ha pensato a un modo democratico e trasversale di raggiungere più persone possibili. Quando Benigni legge Dante 10 milioni di spettatori lo guardano significa quindi che le persone hanno voglia di avere contenuti gratuiti quanto più variegati possibili, è evidente che oltre alle partite e agli show di intrattenimento se ci fosse anche altro il pubblico lo premierebbe. Durante il primo lockdown abbiamo avuto la riprova che la cultura può essere per tutti, costretti a non lavorare, con tempo e offerta gratuita, si sono raggiunti dati di ascolto pazzeschi delle radio e dei giornali online, ognuno si cercava il suo contenuto, non per forza a pagamento.

Viva l’incompiutezza perché?

Perché magari non è incompiuta, magari è in divenire. Mi fa paura mettere un punto.

Quand’è che un’opera per te è compiuta?

La vita di un’opera da quando la pensi a quando si realizza è lunghissima, poi ci sono tante possibilità di immaginarla in altre forme.

Quando esce un film, non è finito il suo percorso, ci potrebbe essere un libro, poi una serie. Il film poi verrà venduto all’estero, alle tv e poi ancora alle piattaforme. Subito dopo l’uscita al cinema si aspettano le critiche dei giornalisti, l’incasso del box office, questi sono solo alcuni degli step. 

Cos’è un fertilizzante per te? 

Ascolto chiunque, sono una fan del genere umano, guardo la tv, i social, frequento persone diverse per provenienza e professione, leggo tutto quello che mi capita, insomma non mi limito al confort che mi da il cinema. Lavoro anche per il teatro perché trovo sia un’arte rara, da proteggere e sostenere, pensiamo al fatto che ogni rappresentazione è diversa di sera in sera, è un tesoro in un mondo sempre pronto a replicare ogni cosa uguale a sé stessa.

Lavorare trasversalmente in mondi molto diversi, teatro, cinema, tv e cerco di mettere continuamente in discussione il mio punto di vista, lo faccio veramente, mi lascio fertilizzare e trasformare da tutte queste esperienze.

Che parole abbineresti ad incompiuto?

Sospeso e indefinito.

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