Unfinished Museum

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Raffaella Ilari

(c) joshua-woroniecki

Ritengo noioso vivere nella compiutezza… la vita è una scoperta continua di qualcosa, in ogni età, in ogni momento della giornata. Non mi piacerebbe sapere tutto compiuto.  La vita è incompiutezza.

Mi viene in mente un parallelismo con il teatro, ho sempre amato gli spettacoli in cui non vedevo tutto compiuto sulla scena, mi interessava più quello che non vedevo, andavo a cercare quello che non veniva rappresentato, che era nascosto tra le quinte, che era non detto.

 

Se ti dico Incompiuto qual è la prima cosa che ti viene in mente?

Mi viene in mente il futuro, tutto quello che devo ancora realizzare. Mi viene in mente anche la parola “tempo”, relazionarmi con il tempo a disposizione per realizzare ciò che desidero.

L’incompiuto di che colore/forma è?

Così, ora che me lo chiedi, mi viene in mente il giallo e una linea retta, anzi due linee parallele, in un certo senso la forma è quella di una direzione, di un cammino.

C’è qualcosa che hai lasciato incompiuto nella tua vita?

Sì, sicuramente gli studi, in vari ambiti. Ad esempio non ho ancora preso la patente, la volevo prendere in un certo periodo, ma non avevo abbastanza determinazione. Ho lì il pensiero, mi dico che lo farò prima o poi, ma non è ancora avvenuto. Anche nella mia vita personale/sentimentale e professionale, c’è dell’incompiuto. Anche se l’incompiutezza la vedo con un risvolto positivo, non con accezione negativa. È quella tensione che ti permette di dire: lo farò sicuramente, magari non è il momento, non è oggi, ma forse lo sarà dopodomani. È capitato che il momento sia arrivato in ritardo, magari in una situazione di maggiore maturità personale. Quindi non è che se lasci qualcosa incompiuto tutto debba essere per forza perduto. In alcuni casi, poi, scopri che è stato un bene lasciare.

Alcuni dei miei progetti sono rimasti incompiuti, ad esempio anni fa avevo progettato con un gruppo di persone, di grandissime competenze, un piccolo festival dedicato al lavoro, che si fermò perché le risorse economiche non erano sufficienti e forse perché non siamo stati abbastanza determinati a proseguire. Recentemente, ho rinunciato ad un incarico particolare con grandissima responsabilità, è rimasto una possibilità incompiuta, ma ho cercato di renderla costruttiva.

Quale è il tuo rapporto con le cose incompiute?

Le penso spesso queste cose incompiute, soprattutto nel nuovo tempo sospeso del Covid. Sono sempre stata in movimento, vivo la bellezza e curiosità del nuovo e vedo come l’incompiuto faccia parte della nostra vita, non si può fare tutto, siamo limitati. E non si può sempre produrre, compiere. C’è spesso il pensiero a quello che non si è compiuto, alla soglia dei 50 anni ancora di più, ma mi dico anche che se non è quello, farò qualcos’altro, non me ne voglio fare un cruccio, un dramma, se non è stato è forse perché non doveva essere. Sono un po’ fatalista, non è magari ora il momento, la vita è in continuo mutamento. Poi, è anche una questione di coraggio, di dire questo lo voglio fare e mi ci dedico, una questione di coraggio e di cura.

Qualcosa di incompiuto che vorresti venisse finito

Un libro che ho iniziato a scrivere sulla storia di mio padre che racconta anche il teatro e la mia città. Mio padre, Giancarlo Ilari, attore, è una figura nota nel mondo del teatro. Ho iniziato a fare interviste e conversazioni, ho il primo capitolo pronto ma sono ferma per mancanza di tempo. Più in generale, la questione ambientale è una incompiutezza che non riusciamo ad affrontare nel giusto modo.

Viva l’incompiutezza perché?

… ritengo noioso vivere nella compiutezza, la vita è una continua scoperta di qualcosa, in ogni età, in ogni momento della giornata, non mi piacerebbe sapere tutto compiuto. Mi viene in mente un parallelismo con il teatro, ho sempre amato gli spettacoli in cui non vedevo tutto sulla scena, mi interessava più quello che non vedevo, andavo a cercare quello che non veniva rappresentato, che era nascosto tra le quinte, che era non detto. Perché c’è qualcosa di misterioso in quello che ancora non conosci. Quindi l’incompiuto ha un suo fascino, forse si realizzerà, forse no, sta noi ma non solo. L’incompiuto ha qualcosa che mi dice: domani lo continuo, lo proseguirò, mi dà idea di futuro. È la cavalcata della vita, per citare il poeta Franco Arminio.

Quand’è che un’opera per te è compiuta?

Quando con una serie di altre persone poniamo la parola fine, quando termina il processo, il percorso, sei arrivata ad un risultato e a determinati obiettivi prefissati. In genere non avviene da sola, è un processo in cui arrivo in gruppo. 

Cos’è un fertilizzante per te? 

Sicuramente mi fertilizzo riflettendo, pensando, leggendo. Poi, anche attraverso le relazioni, gli incontri, gli affetti. Quella giusta dose tra solitudine, che ti permette di pensare ed elaborare nel silenzio introspettivo, e tutta la socialità, l’incontro con gli altri che in questo periodo mi manca tanto. Non sono mai stata chiusa su me stessa, ho bisogni di stare con gli altri, spesso anche le relazioni professionali dopo anni diventano affettive. Poi, l’immersione nella natura mi ricarica tanto (soprattutto il mare), è un fertilizzante importante per respirare, riossigenarsi, stare meglio.

3 parole che abbineresti ad incompiuto?

Tempo, desideri, determinazione.

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